sabato 28 febbraio 2015

Moto tendenze

Dopo anni di crisi nel mercato moto (non che la crisi sia terminata, però...) possiamo fare il punto su quali desideri sono stati esauditi e quali no.
Nell'arco di 5 anni, ho visto innanzitutto soddisfare una richiesta che era cosi diffusa nei vari forum specializzati: e cioè la moto intelligente. Si trattava di una definizione condivisa da molti, anche se solo il termine faceva un pò accapponare la pelle. Da una parte la paura era quella di veder realizzato questo "sogno" da un ingegnere puro e cioè ritrovarsi in concessionaria una moto bruttina, con gadget e orpelli vari montati su un telaio già prodotto da anni. Dall'altra parte, non si aveva la benché minima idea di quali sembianze dovesse avere questa moto. Si proveniva da un periodo in cui sembrava che ci fossero solo due categorie: quella dei giovani e/o spregiudicati (che sognavano le street naked come Monster, Hornet, Z750, ecc.) e quella dei GSisti (che avevano il pallino del viaggio in coppia a lungo raggio). Tutto il resto del mercato era molto orientato verso la prima di queste categorie, lasciando spiazzati tutti coloro che volevano cimentarsi in viaggi un pò più lunghi. Questo dava senz'altro origine a vendite nel settore dell'aftermarket, in quanto tutti abbiamo in mente le varie TDM, Africa-Twin ma anche XJ6 e Moto Guzzi con bauletti e modifiche varie per stivare qualche oggetto in più. Ma tutto questo senza poter avere un pò di comfort extra. La voglia di creare un mezzo un pò più versatile era più che altro necessità. Altrimenti ti dovevi acquistare una GS.
Poi è avvenuto il salto: da prima con le prime concorrenti della GS come la Morini GranPasso e la Guzzi Stelvio. Il prezzo però era ancora salato, ma in questo caso si mirava ad eguagliare o superare la qualità Bmw.
Grazie a questo affronto italiano però, i vari responsabili di prodotto delle altre Case, si sono accorti che il mercato era pronto per delle alternative, anche di cilindrata. Ecco che una delle prime idee sono venute da Kawasaki che con la Versys 600 ha capito qual'era la giusta direzione da seguire, ottenendo direi un buon successo. Una stradale leggermente più alta, con una postura leggermente in avanti per far sentire l'avantreno, e con una buona protezione all'aria. Il tutto corredato da una dotazione in linea (come stile) con la moto. Fu la prima soluzione per tutti, dal prezzo non proibitivo. Furono poi anche gli altri a sviluppare il tema, dato che oggi tutti hanno in listino almeno una media tutto fare (Triumph Tiger 800, Honda NC700X, V-Strom 650) o almeno una maxi (Multistrada, Honda Crossrunner, Aprilia CapoNord, ecc.).
Ne è venuto fuori un pubblico nuovamente interessato al genere versatile e "all-season" per cosi dire.

Altro genere tornato molto in voga, è quello definito "retrò". O meglio, la ri-produzione adattata ai tempi moderni, dei modelli che hanno fatto la storia e che sono diventati un icona collettiva.
Questa categoria è stata per molto tempo ferma, data dal fatto che chi amava queste moto, era ancora in tempo per trovare un buon usato da usare tutti i giorni. Oggi, col traffico che c'è e con le limitazioni che abbiamo per l'inquinamento, questi mezzi si possono usare sempre meno.
A suo tempo avevo già avanzato personalmente, sul mensile DueRuote, la proposta di considerare nuovamente questo genere. A quel tempo era più che altro una spinta a progettare in Italia delle moto belle, disegnate bene e magari che riprendessero uno stile che negli anni 60-70 era apprezzatissimo. Sono contento che in qualche modo il messaggio sia stato recepito e la dimostrazione è data dalla fiducia riposta nelle nuove Guzzi V7 (che non si sono fermate al primo remake ma hanno ricevuto importanti aggiornamenti tecnici) e Scrambler Ducati.

Dopo tutti questi anni la considerazione è: dobbiamo per forza affrontare un decennio di crisi per vedere delle evoluzioni nel campo motociclistico? Forse questo è il settore più legato in assoluto alla condizione economica di un paese o di un continente, dato che al momento la moto non è più il primo mezzo per muoversi, ma un veicolo per il tempo libero.

martedì 10 febbraio 2015

Hybrid Air: lo sviluppo continua

Nuove conferme dal fatto che il gruppo PSA sta continuando lo sviluppo del sistema Hybrid Air e questo nell'attesa di trovare un partner che voglia condividere questo nuovo progetto.
A Parigi alcune testate giornalistiche hanno già provato un prototipo di 2008 dotata di questo nuovo sistema e secondo i vari commenti (alVolante.it) siamo ad un livello già avanzato di messa a punto.
Riepilogando come funziona: abbiamo una piccola unità motrice (in questo caso il tre cilindri 1.2 da 82 cv) che lavora su una trasmissione ad ingranaggi epicicloidali. Una trasmissione del genere era necessaria per poter gestire l'aggiunta di potenza in entrata, mantenendo una certa fluidità di marcia.
A questo si aggiungono due pompe idrauliche: una atta a recuperare energia in decelerazione ricaricando la bombola d'aria, l'altra per interagire con la trasmissione, nel rilasciare potenza. In realtà nelle bombole entra in gioco un movimento tra olio idraulico e azoto (scelto per le sue proprietà costanti  al variare della temperatura).
La ricarica nelle bombole avviene quindi decelerando e in frenata, ma in teoria sfruttando brevemente anche il motore termico (quando il sistema ne sente il bisogno, magari quando non riesce a ricaricarsi in modo ottimale). Alla prima partenza il sistema assiste il motore termico, facendolo sforzare meno e quindi producendo anche meno CO2. Inoltre poiché il sistema può spingere la vettura anche per 300-400 metri a emissioni zero, ogni fermata al semaforo avviene a motore spento, e anche qui abbiamo un risparmio di carburante. AlVolante.it racconta di aver letto sul computer di bordo che su 17 minuti di guida, 10 minuti sono stati a motore spento. Certo questo vuol dire poco se pensiamo ad un momento di traffico intenso, ma pensate quanto inquinamento in meno può generarsi nelle grandi città. Insomma, di sicuro è qui che Hybrid Air garantisce un più alto rendimento, ma per chi cerca un sistema ibrido con un affidabilità maggiore, questa sembra davvero una soluzione intelligente. Pensate anche alla svalutazione dopo 5 anni: un venditore di auto come dovrebbe valutare una Yaris ibrida? E come può facilmente rivenderla con l'obbligo di garanzia? Un rischio enorme per lui. Oppure un guadagno zero, se per rivenderla dovesse accollarsi la sostituzione del pacco batterie!
Qui invece niente di tutto ciò: un impianto del genere non ha bisogno di conoscenze tanto diverse da quelle di base di un buon meccanico.
Si attendono quindi evoluzioni e soprattutto notizie di accordi con altre Case automobilistiche per sperare che questa idea diventi finalmente produzione. Visto il costo e la complessità dell'ibrido inteso come motore+batterie, questa mi sembra la via più intelligente per sfruttare al meglio il rendimento del motore termico in un contesto economico e ambientale che ha urgente bisogno di soluzioni ecologiche ma sostenibili.